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Affari  italiani
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La presentazione della "Survey of Italian Investments in the UK" è stata allestita in cooperazione con l'Ambasciata d'Italia nel Regno Unito. La Camera di Commercio ed Industria Italiana nel Regno Unito ha pubblicato la quarta edizione dell'interessante ricerca sugli investimenti italiani in terra britannica in collaborazione con la Camera di Commercio Britannica per l'Italia.

     Da un'attenta analisi si nota che l'attuale crisi che attanaglia il commercio internazionale non ha impedito alle ditte italiane, circa seicento nel circuito inglese, di investire in Gran Bretagna. Le ricerche - elaborate dagli specialisti dell'Ente Camerale su 646 società italiane presenti nel Regno Unito con sussidiarie e/o interessi diretti - hanno rilevato in sostanza che le compagnie italiane con maggiori profitti in Gran Bretagna sono quelle farmaceutiche, alimentari, della moda e delle telecomunicazioni; mentre quelle chimiche e manufatturiere hanno subito un lieve calo di produzione.

     Ad inaugurare l'uscita del 'Survey' è stato l'Ambasciatore d'Italia nel Regno unito, Alain Giorgio Maria Economides, che ha offerto un rinfresco nella sua Residenza. Il panel era composto dai seguenti imprenditori: Danny Lopez, Interim Chief Executive, London & Partners; Leonardo Simonelli-Santi, President Italian Chamber of Commerce and Industry for the UK; Andrea Morante, Chief Executive Officer Pomellato Spa; Riccardo Lodigiani, Senior Partner Reply Ltd; Stefano Diemmi, Managing Director Buongiorno Spa; Colin Jamieson, Deputy President British Chamber of Commerce for Italy.


Stefano Pontecorvo, Ambasciatore Economides, Paolo Garofalo, Elena Zaccaria.

 
Stefano Diemmi, Leonardo Simonelli-Santi, Colin Jamieson, Danny Lopez, Andrea Morante.


I partecipanti alla presentazione.


Laura Costacurta, Sidney Ross.


Roberto Vagni, Franco Giordani, Paolo Garofalo, Elena Zaccaria.

I rappresentanti delle banche italiane.

 

 
 

Il Meglio del Piccolo

L'imprenditore vera risorsa economica dell'Italia

L’Italia è il Paese delle piccole e medie imprese. È il Paese delle aziende di nicchia, di prodotti di qualità non facilmente reperibili, frutto di ricerca continua, di specializzazione anche in settori dove contano le economie di scala e di innovazione anche in settori maturi. Che questa sia la differenza tra l’economia italiana e quella di altri Paesi è vero. Che questa differenza si debba considerare un valore e non una maledizione deve invece essere riconosciuto per il futuro. Un futuro, come suggerisce Paolo Preti, docente di Organizzazione delle Piccole e Medie Imprese in Bocconi, nel suo "Il meglio del Piccolo" (Egea 2011, pp.225, euro 25), che si costruisce a partire dalla propria differenza, sia buona o cattiva, gestendola al meglio in modo da renderla utile e redditizia.

      A chi denuncia i limiti strutturali del fare impresa nel nostro Paese, l’autore oppone una visione diametralmente opposta: non debolezza da superare, ma peculiarità da difendere impegnandosi a ridurne gli aspetti negativi e a migliorarne l’efficacia. Si tratta quindi di valorizzare altre caratteristiche delle pmi quali la vocazione imprenditoriale, la proprietà familiare e l’attività prevalentemente manifatturiera. Queste quattro caratteristiche, integrate tra loro, costituiscono un unicum nel panorama economico internazionale per contributo alla crescita del Pil, per capacità di export, per numero di posti lavoro, per numero di imprese.

A fianco delle piccole imprese, non si deve però dimenticare che in Italia operano imprese di medio-grandi dimensioni. Negli ultimi 50 anni, però, si è registrata una riduzione delle aziende con oltre 1.000 dipendenti, mentre le imprese di minori dimensioni sono aumentate sia in termini numerici sia in capacità strategico-organizzative.

     Preti racconta, attraverso l’analisi di alcuni esempi eccellenti, come in questi ultimi anni si sia assistito a casi di fecondazione reciproca tra piccola e grande impresa. "La piccola impresa apprende le tecniche gestionali della grande, la grande si ispira alla flessibilità della piccola e tenta di ridurre la burocratizzazione con iniezioni di imprenditorialità a tutti i livelli", scrive. Grandi imprese che perseguono una politica di quantità convivono con pmi terziste e con piccole o piccolissime imprese che realizzano prodotti di qualità. Per queste ultime poi la possibilità di realizzare accordi internazionali, più o meno strutturali e duraturi, rappresenta l’occasione di aumentare le proprie dimensioni competitive pur non crescendo dimensionalmente.

     Storie eccellenti come quella della Silvelox spa (160 dipendenti, un fatturato di 30 milioni grazie a un mix di innovazione italiana, brevetti tedeschi, antica tradizione familiare nella lavorazione del legno), della Thermoplay Spa (esempio di azienda che per dimensione è capace di essere più flessibile rispetto ai concorrenti). O della Carlo Gavazzi, presente in tutto il mondo, che da una strategia di esternalizzazione della produzione oggi rivede criticamente questa decisione.

     Nel panorama delle piccole e medie imprese italiane, quelle a carattere familiare sono l’83%. "Anche tra queste permane chi preferisce individuare i punti di debolezza piuttosto che evidenziare le positività", sottolinea Preti. "Ma - aggiunge - non si deve considerare la famiglia un vincolo allo sviluppo dell’impresa, bensì una risorsa per la tenuta complessiva dell’impresa. Le migliori aziende familiari sembrano oggi ricercare il mantenimento di un buon equilibrio tra imprenditorialità e managerialità, tra famiglia e gruppi dirigenziali, tra rapporto diretto con i collaboratori e l’adozione di strumenti analitici di gestione del personale e di governo dell’impresa".

     All’origine di ogni azienda c’è sempre un imprenditore, per il quale l’idea non solo è un’intuizione, ma un’occasione per costruire. L’autore stimola la riflessione sulla capacità di questa speciale categoria di lavoratori di trasformare "il quotidiano in eroico e l’eroico in quotidiano". Si leggeranno le storie per esempio di Dario Cecchini e della sua antica macelleria, di Vittorio Moretti, presidente della holding Terra Moretti. Storie in cui non tanto emergono insegnamenti di management, ma di dedizione e tenacia nella conduzione dell’azienda. "Di vera e propria vocazione imprenditoriale", conferma Preti.

     Ritornando al concetto di nicchia, l’autore mostra, sorretto da esempi reali di aziende manifatturiere, come in epoca di globalizzazione possa essere una modalità di azione strategica proficua. È il caso delle aziende Nucas, Ma-Fra, Daunenstep spa. O di imprese del settore agroalimentare, il cui successo è spesso legato al radicamento sul territorio.

 
 
Viva  l’Italia
 Erano presenti le case storiche: Mariano Rubinacci, Brioni, Canali, Valentino, Fendi, Krizia, Missoni, Laura Biagiotti, Caovilla, Versace, Gucci, Corneliani, Ferragamo, Bottega Veneta, Moschino, Diesel, Kiton, Fratelli Rossetti, Tods, Armani, Cesare Paciotti, Buccellati, Dolce & Gabbana, Pal Zilieri, Pomellato, Etro, Geox, Prada, Vicedomi, Max Mara, Loro Piana, Furla, Zegna, Benetton, Carpisa, Roberto Cavalli, Boggi
 

numero 12

NUMERO 12, 28 Marz - 3 Apr 2011

 


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