GLI ITALIANI TORNANO A
EMIGRARE
Una delle normali conseguenze delle
crisieconomiche è l’emigrazione, e gli italiani chesono un
popolo di migranti, lo sanno bene.Erano decenni, però, che i
flussi migratori dall’Italia avevano intrapreso una costante
flessione, eccettuata da qualche timida ripresa negli anni
’90, ma l’aggravarsi della situazione ci ha fatto tornare
indietro con migliaia di cittadini italiani che hanno
ripreso la via dell'emigrazione. Una delle mete per non dire
la principale in questo particolare momento storico che
intraprendono i nostri concittadini alla ricerca di un
lavoro e di un futuro migliore, sembrerebbe ancora una volta
la vicina Svizzera. Molti tra questi migranti del terzo
millennio sono giovani che nonostante una formazione
superiore non riescono a trovare la prima occupazione
stabile e l’opportunità di un lavoro dignitoso che quasi di
certo troveranno al di là delle Alpi. Fatalmente, quindi, la
storia si ripete, ma questa volta l’epoca drammaticama quasi
romantica delle valige di cartone è un ricordo sbiadito e le
lacrime d’addio vengono sparse nei terminal degli aeroporti
e non più nelle stazioni ferroviarie. Sono oltre 7.000,
secondo gli ultimi dati dell'Ufficio Federale della
Migrazione del paese elvetico, i cittadini italiani giunti
in Svizzera l’anno scorso, che hanno scelto di abbandonare
il Belpaese ed il saldo tra immigrazione ed emigrazione è
rispettivamente di 2.900 italiani in più residenti in
Svizzera. Un trend che segna una nuova impennata
dell'immigrazione, dopo il calo registrato a partire dagli
Anni Settanta, la leggera ripresa della fine degli Anni
Novanta ed il nuovo costante declino sino al 2007, quando
molti emigranti europei della prima generazione erano
tornati al loro paese di origine alla scadenza del termine
previsto per ritirare il capitale accumulato per il secondo
pilastro. Alcuni sono partiti sulla scia di familiari o
amici, altri più “modernamente”, si sono affidati ad agenzie
interinali, ma i più a causa della crisi economica. Molte le
difficoltà di questi nuovi migranti: tra le più rilevanti da
una parte la mancata padronanza di una delle lingue
nazionali e dall'altra, sorprendentemente, il non raro
eccesso di qualificazione. Perché non emigrano solo
segretarie ed operai ma soprattutto laureati finanche con
due o più master e ricercatori. Ma se per questi è già
difficile trovare un lavoro, figuriamoci per quelli che non
conoscono la lingua del luogo. A chi va bene, riesce a
trovare ospitalità presso case di amici, conoscenti o
familiari, mentre pare che non pochi finiscano per dormire
in automobile. Quasi tutti giungono con pochi spiccioli,
senza avere la cognizione del più elevato tenore di vita di
quel paese. Per non parlare poi delle istituzioni e
organizzazionicon funzione assistenziale per gli emigranti
italiani che sono state soppresse o sciolte dopo la fine dei
più importanti flussi migratori. Al di là della drammaticità
sia delle ragioni che spingono ad emigrare che delle
condizioni di vita di questa nuova generazione di migranti,
il danno più grande lo subisce proprio il nostro Paese con
la fuga di cervelli che ha un impatto notevole
sull'economiae che quindi aggrava le prospettive di una
rapida uscita dalla crisi dell'euro: un recente rapporto
dell'Istituto per la competitività in Italia ha dimostrato
che la partenza di ricercatori costa al Paese tre miliardi
di euro in brevetti mancati. La ripresa del fenomeno
migratorio verso luoghi già meta dei nostri concittadini,
dovrebbe costituire un campanello d’allarme ulteriore per
questo nuovo governo, facendo comprendere la necessità di
evitare qualsiasi impulso al taglio dei settori strategici
di formazione e ricerca come ha fatto il
precedenteesecutivo, ed anzi dovrebbe costituire una spinta
a riattivare con misure incentivanti quel circuito virtuoso
dell’investimento in questi comparti che secondo illustri
economisti dovrebbe essere un prezioso volano per la nostra
economia. (Giovanni D’Agata) |