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INTERVISTA A
VITTORIO
SGARBI
A cura di
Sagida Syed
Di Vittorio
Sgarbi tutto
si può dire
ma non che
non abbia un
certo
fegato. Lo
intervistiamo
un mercoledì
all’una
(all’una di
notte,
precisiamo)
al
cellulare. È
lui a
chiamarci.
Puntualissimo.
Quasi subito
dopo una
nostra email
che
pensavamo
sarebbe
caduta
nell’immenso
pozzo senza
fine che può
essere la
casella
elettronica
di un
sindaco/professore/opioninista/critico
d’arte/attore/scrittore
ecc. Di
queste
personalità
noi abbiamo
scelto la
prima per
una sua
singolare
iniziativa
che lo ha
catapultato
sulle prime
pagine dei
quotidiani e
dei
prestigiosi
rotocalchi
italiani e
perfino
stranieri.
Parliamo del
‘Museo della
Mafia’, il
primo al
mondo,
inaugurato
da Giorgio
Napolitano
l’11 maggio
scorso a
Salemi, in
provincia di
Trapani,
alla
presenza del
primo
cittadino,
Vittorio
Umberto
Antonio
Maria
Sgarbi.
Vittorio
Sgarbi per
tutti, amici
e nemici.
Dicevamo
fegato.
Esordisce
leggendoci
una lettera
a lui
indirizzata
con una
serie di
improperi,
insulti,
minacce,
volgarità
che il
sindaco non
ci
risparmia,
in mezzo
alle quali
emerge un
messaggio
chiaro:
fatti da
parte,
vattene o ti
faremo
fuori. Gli
chiediamo se
ha paura.
“No non
èquesto che
mi spaventa.
Ci sono
abituato.
Ricevo
spesso
lettere del
genere
insieme a
teste mozze
di varie
tipologie di
animali”.
Siamo in
Sicilia. Non
dimentichiamolo.
E Vittorio
Sgarbi è un
ferrarese,
un estraneo,
un uomo
abituato a
non
rinunciare
alle proprie
opinioni e,
al
contrario, a
difenderle a
costo di
diventare
impopolare.
Eletto
sindaco di
Salemi il 30
giugno 2008,
è riuscito a
far vivere
un autentico
Rinascimento
a questa
città di cui
prima si
sapeva poco
o nulla,
nonostante
la ricchezza
di contenuti
storici
culturali ed
architettonici
di questo
centro
medioevale.
Salemi, con
i suoi
undici mila
abitanti,
era salita
agli onori
delle
cronache per
un
devastante
terremoto
nel 1968.
Quando
Sgarbi fu
eletto si
trovò di
fronte ad
una città
abbandonata
al suo
destino di
degrado. Una
delle sue
prime
iniziative
fu vendere i
ruderi del
terremoto ad
un euro in
cambio del
restauro
degli stessi
utilizzando
materiale
conforme
alla natura
del luogo.
Fu un
successo.
Salemi di
punto in
bianco si
trovò al
centro di
dibattiti e
di una
felice
riscoperta.
Da allora si
impararono
molte cose
su questa
città che
sui libri di
storia
riempirà a
mala pena lo
spazio delle
sei lettere
di cui è
composta pur
essendo
stata la
capitale
d’Italia an.
L’Italia
riscoprì il
suo gioiello
lasciando a
Sgarbi le
gatte da
pelare. Ma
Sgarbi non
sarebbe
Sgarbi se,
aprofittando
della sua
fama
mediatica,
non avesse
continuato
con
iniziative
provocanti
come quella
del ‘Museo
della
Mafia’. Gli
chiediamo di
parlarcene.
“Il museo ha
vari
risvolti.
Serve per
denunciare.
A partire
dal
colossale
affare delle
pale eoliche
che hanno
distrutto il
paesaggio,
attraverso
bande di
mafiosi che
hanno
corrotto gli
assessori
per ottenere
gli appalti.
L’arresto di
alcuni
personaggi
ci ha dato
ragione. Il
museo
illustra
dunque anche
la violenza
al
paesaggio”.
Un tema a
cui il
sindaco di
Salemi è
molto
attento e
sensibile
(note le sue
denunce
sulle
mostruosità
urbanistiche
del Comune
di Milano
quando fu
assessore
nella giunta
Moratti). Il
sindaco
continua:
“Il Museo
della Mafia
è come il
museo
dell’olocausto.
Serve per
parlarne
così come lo
hanno fatto
i romanzi e
i films”.
Sgarbi
precisa che
l’idea è
partita
dalla
Formazione
Rosselli.
“Io ho
affidato ad
un gruppo di
giovani le
mie proposte
– continua -
tra cui una
sala del
museo
dedicata
allo scempio
dell’eolico
ma abbiamo
voluto
esplicitamente
evitare i
feticci
legati al
mondo
mafioso, i
quadri
dipinti da
alcuni
‘venerabili’,
le reliquie,
le
automobili,
le lupare
ecc. Al
contrario
abbiamo
puntato
sulle grandi
interviste e
sui
documenti
storici: la
mafia nasce
nel 1860 e
diventa
subito
oggetto di
interesse da
parte dei
giornali
dell’epoca.
Abbiamo
installato
pannelli con
le
fotografie
di quegli
edifici di
cemento
armato a
Palermo nei
quali
probabilmente
sono sepolti
alcuni
cadaveri. Le
cabine
servono per
ricreare
ambienti
come la
stanza del
potere, del
pizzo.
Abbiamo
riprodotto
alcuni odori
tipici delle
azioni del
racket (gli
spari, le
case
bruciate
ecc)”. Un
museo degli
obbrobri.
Alcuni
visitatori
si sono
sentiti
male. La
visita è
consigliata
solo a chi
se la sente.
La mafia ha
poco di
affascinante.
È un affare
sanguinoso,
sporco,
pericoloso.
Sgarbi ne sa
qualcosa.
Forse si è
indebolita
rispetto
alla Camorra
e alla
Ndrangheta
ma i
mafiosi, e
peggio la
mentalità
mafiosa,
continuano a
sopravvivere.
All’estero
il concetto
di mafia ha
causato
danni enormi
al nostro
Paese. “Il
collegamento
Italia-mafia,
Sicilia-mafia
va
abbattuto”,
dichiara
convinto
Sgarbi.
Parlare di
mafia,
quindi, per
debellarla
completamente.
Il museo
svolgerà una
parte
importante
di questa
guerra.
Rappresenterà
un fiore
all’occhiello
dell’amminsitrazione
Sgarbi e
forse in
Sicilia, in
Italia e
all’estero
si comincerà
a capire che
per dare un
taglio
all’onorata
società
bisogna
avere il
coraggio di
denunciare a
partire
dalle
Istituzioni.
Ai Siciliani
in
Inghilterra,
che Sgarbi
saluta con
affetto
dice: “Un
vero
siciliano,
costretto ad
emigrare per
necessità di
lavoro, non
rinnega le
sue origini
né rinuncia
a tornarci
per la
grande
nostalgia.
Una
inizitiva
come la
nostra non
può che
inorgoglirlo”. |
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