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La valorizzazione del patrimonio |
storico-industriale |
C he
oggi esista qualcosa dal nome
‘archeologia industriale’ e ‘turismo
industriale’ è un dato ormai noto,
benché soltanto poco più di una decina
di anni fa, in Italia questi termini
avrebbero lasciato perplesso più di uno
tra i fruitori di musei o di esperienze
culturali. Il nostro Paese può contare
ormai su una caratteristica e ricca
tradizione industriale, che naturalmente
ha contribuito alla composizione della
sua ricchezza economica, ma che ha
influenzato significativamente anche la
conformazione sociale e culturale della
Nazione. Il tempo del lavoro condiziona
il tempo della vita, detta ritmi e
contenuti attorno ai quali ruotano le
restanti sfere dell’esistenza delle
persone: il momento della produzione
evidenzia i bisogni dell’epoca nel
tentativo di soddisfarli e
parallelamente ne induce di nuovi,
modificando i costumi; rende disponibili
gli oggetti e i servizi da acquistare ma
nel contempo anche le risorse economiche
individuali per poterlo fare,
contribuendo a creare stratificazione
sociale; si fa indicatore del livello di
tecnologia corrente di una società ed
insieme ne traccia le linee future; si
interfaccia con risorse e territorio ma
nello stesso tempo lo sfruttamento ne
modifica quantità, qualità e forma.
Avvicinarsi alla
conoscenza del patrimonio industriale
significa beneficiare di un osservatorio
privilegiato, da cui poter osservare
tutti questi aspetti attraverso i segni
della loro interrelazione, ambientando
opportunamente il valore delle
manifestazioni del lavoro nella vita
sociale. Sul ‘corpo’ della materia,
dunque, non si discute mentre è
necessario s o f f e r m a r s i sugli
aspetti della valorizzazione del
patrimonio industriale che r i g u a r d
a n o modalità e s i g n i f i c a t o
nella fruizione. Per ri-scoprire queste
risorse della cultura materiale, negli
ultimi anni si sta assistendo allo
sviluppo di associazioni legate alla
valorizzazione della cultura d’impresa e
del patrimonio storico d’impresa, oltre
a felici intuizioni all’interno delle
imprese stesse come la costituzione di
archivi e musei d’impresa,
l’organizzazione di eventi nelle
fabbriche. La formidabile leva di cui
dispone il patrimonio industriale
consiste nell’essere, come si è visto,
intimamente legato alla vita vissuta .
Banalizzando, ciascuno frequenta e si
relaziona con oggetti e forme, che
diventano abitanti e compagni naturali
della vita. Proprio quegli oggetti hanno
alle spalle e sono essi stessi il
patrimonio industriale di cui si sta
parlando: viviamo e siamo contemporanei
alla nostra cultura materiale, non vi è
bisogno di accoglierla come si farebbe
con una materia estranea o con
l’esercizio di una disciplina esterna
all’esperienza diretta. La nostra
cultura materiale è l’attuale ultima
trasformazione di un’evoluzione storica
che partendo dagli scenari
protoindustriali è giunta fino a noi. È
la stessa differenza che passa tra
imparare una lingua straniera
studiandone regole e grammatica oppure
sperimentandola quotidianamente, e
necessariamente, per condurre la vita di
tutti giorni. Ebbene, vale la pena
utilizzare al meglio questa ‘immersione’
culturale quando si parla di patrimonio
industriale, giocando, veramente
giocando, con esperienze e ricordi,
oggetti e immagini, dai quali può
nascere la curiosità e il desiderio di
conoscere. Accostarsi alla cultura
materiale attraverso questo approccio,
significa conservarne il naturale
carattere non scolastico, ancora più
utile considerando che il patrimonio
industriale accoglie in se e mette in
relazione diverse materie normalmente
insegnate, come storia e geografia,
economia e sociologia, meccanica e
fisica, solo per citarne alcune: quale
miglior freccia all’arco dell’efficacia
di un museo, di una mostra, di un testo
o di qualsiasi altro veicolo di cultura,
divulgare scienza attraverso esperienze
di vita reale?
Cambiando prospettiva
e volgendo lo sguardo verso una
prospettiva di rilancio economico del
Sistema-Paese, parlare di spessore
storico delle attività manifatturiere
nazionali e locali, delle capacità e
delle competenze alla base di successi
industriali che ancora oggi sanno
affascinare, rappresenta un approccio
non forzato per veicolare motivi di
orgoglio e di coesione nazionale. Il
‘Made in Italy’, oggi, non dovrebbe
prescindere da simili leve culturali per
riaffermare valore, credibilità e
attenzione in un mercato particolarmente
vasto, tendente all’omogeneizzazione
verso il basso, ma nel quale, ancora,
non si possono copiare o inventare dal
nulla storie aziendali capaci di
attraversare i marosi delle fluttuazioni
economiche, il giudizio dei clienti, le
prove del progresso. Forse non è un caso
che esperienze di valorizzazione storica
spesso fioriscano nelle fasi di maggior
successo, in q u a n t o
autocelebrazione, o di difficoltà d e l
l e aziende, perché far emergere la
ricchezza di ciò che si è saputo fare
può accresce il valore di ciò che si
farà. (F.G.L.Tafter)
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