“Una giovane Europa di talenti in movimento'. Questo il titolo della conferenza organizzata dal Partito Democratico e tenutasi presso il King’s College di Londra, nella quale è intervenuto il vicesegretario nazionale l’On. Enrico Letta. All’evento erano presenti il segretario del PD-UK Andrea Biondi ed il responsabile del PD-Mondo Eugenio Marino.
Il futuro della ricerca e la riforma universitaria italiana sono stati i temi centrali del suo intervento, in quanto comune denominatore con le politiche dei tagli all’istruzione attuati dal governo britannico per fronteggiare il proprio deficit finanziario e l’aumento delle rette universitarie. L’On. Letta ha aggiunto tra i suoi punti un sentimento di lontananza dall’Italia fra gli italiani residenti all’estero, affermando però che il 17 marzo - giorno del 150° anniversario dell’unità nazionale - è per l’Italia una grande occasione di rilancio.
Con un titolo di esplicita ispirazione mazziniana riferito a 'La Giovine Europa', era inevitabile che si parlasse di politica economica e di Sud, nella complessa problematica riguardante la disoccupazione giovanile e la fuga dei talenti all’estero. Su questo aspetto Letta ha dichiarato: “L’Italia viene da un decennio che definisco un decennio perduto, il quale ha creato un esodo che sarebbe sbagliato affrontare in modo superficiale”. Letta non predilige particolarmente l’espressione fuga dei cervelli, ma preferisce parlare di talenti. A questo riguardo egli ha menzionato al pubblico presente l’approvazione di un disegno di legge bipartisan che preveda incentivi fiscali per il rientro di coloro che sono emigrati all’estero alla ricerca di meritocrazia e quindi di migliori opportunità lavorative.
Scarsa crescita economica cumulata e perdita di ricchezza pro-capite tra il 2000 ed il 2009 sono per Letta le cause che rendono “l’esodo italiano tre o quattro volte maggiore di quello di altri paesi”. Nella sua analisi attenta ed acuta non mancano visioni negative del berlusconismo, delle sue politiche e visioni della società; emerge però dal suo discorso un doveroso senso di autocritica al proprio partito, come la mancata legge sul conflitto di interessi durante i governi di centro-sinistra e le coalizioni governative troppo eterogenee per poter garantire stabilità dell’esecutivo, così come avvenne per l’ultimo governo Prodi nel 2006.
Con lucidità ed onestà intellettuale l’On. Letta ammette i limiti di azione di un PD che non ha una maggioranza adeguata in parlamento per fronteggiare l’azione governativa: "Il conflitto di interessi nei media del presidente del Consiglio - egli afferma-si fa sentire molto in questo momento; inoltre nelle prossime elezioni amministrative del 2011 c’è il rischio di perdere ulteriormente terreno". Il vice segretario non ha dubbi però sul fatto che il PD sia "l’unico vero partito politico dove sia possibile cambiare il leader". Il PD sarebbe il perno del cambiamento soprattutto perché "in questo decennio non c’è nulla da conservare".
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